Beauty Farm

ovvero la favola di un'utopia alla rovescia

liberamente tratto da La fattoria degli animali di George Orwell
di e con Massimiliano Poli e Silvia Signorini
costumi Marco Caboni
tecnico luci e audio Silvia Bindi
produzione laLut Centro di Ricerca e Produzione Teatrale, Associazione Timbre Teatro Verdi
con il contributo di Comune di Poggibonsi

Due ambigue figure, due “mutanti”, governano incontrastati una fattoria come un piccolo stato dove regna sovrana una pseudo democrazia.
Antagonisti per indole, complici e alleati per necessità, Napoleon ed il suo portavoce, nonché braccio destro e sinistro, esercitano il potere su un popolo voyerista, manipolando sfacciatamente e distorcendo spregiudicatamente ogni principio democratico e di uguaglianza sociale a vantaggio dei propri affari e privilegi.
I nemici all’occorrenza diventano amici, gli oppositori diventano traditori, le azioni repressive diventano misure di controllo a tutela della tranquillità ed del benessere della comunità, il falso più vero del vero. Al popolo “addomesticato” restano i cimeli e qualche commemorazione di un tempo sfocato in cui si ribellò alla tirannia per conquistare la libertà.
Una “gloriosa” memoria collettiva, imbalsamata, costantemente rivista e corretta ad uso e consumo del potere, che non indica più nessuna strada ma consola coloro a cui ormai sembra di ricordare che “comunque prima stavano peggio”.
Una favola nera, allegorica, che si rifà espressamente a La fattoria degli animali di George Orwell in cui si mostrano le devastazioni provocate dal “sonno della ragione”.
Il testo, un classico della letteratura, può apparire datato nella forma ma certo non nella lucida descrizione dei meccanismi attraverso i quali coloro che detengono il potere di una qualsiasi società, in una qualunque epoca, possono modificare, trasformare, sfruttare, distorcere, cambiare a proprio favore, con-una- progressione-quasi-schematica, i principi, le regole, e persino la memoria su cui tale società si fonda, sfruttando l’ignoranza, la pigrizia mentale, il disinteresse del popolo, a sua volta ugualmente colpevole e complice del proprio misero destino, come nel sadico gioco della vittima e del carnefice.

La foto di questa pagina è di Daniela Neri