B.I.C.U.S.

Brevi Interviste Con Uomini Schifosi

da Brevi interviste con uomini schifosi di D.F.Wallace
regia Giuliano Lenzi
allestimento Porciatti & Fagioli
con UgoGiulio Lurini e le brevi torture con suoni schifosi di Marco Bianciardi
produzione laLut/Festival Voci di Fonte

“Siamo sull’ottomana, beviamo qualcosa, ci godiamo la musica, facciamo due chiacchiere.
È il nostro terzo appuntamento, sera tardi, dopo la cena a e magari anche un film o due salti in discoteca. Mi piace tantissimo ballare. Insomma. Quando intuisco che è il momento giusto dico, senza un’atmosfera o qualche accenno introduttivo veri e propri: come la prenderesti se ti legassi?
Queste sei parole. Così. Alcune rifiutano su due piedi. Ma è una percentuale minima, direi scandalosamente minima. So se succederà nel momento stesso in cui lo chiedo. Ligeti, la cui opera, lei lo saprà senz’altro, è tanto astratta da sfiorare quasi l’atonalità, fornisce l’atmosfera ideale per proporre lo scenario contrattuale. In più dell’85% dei casi, il soggetto accetta.”

La scrittura di David Foster Wallace ci ha sorpreso per l’immediatezza, la nitidezza, l’ironia severa con cui i protagonisti delle brevi interviste si delineano, mostrando la bassezza ordinaria delle loro pulsioni, nella quale non possiamo che riconoscerci continuamente; non indugia mai sugli aspetti dolorosi che proprio per questo emergono, in controluce, in maniera a tratti violenta.
Il cinismo dei personaggi e quello con cui lo scrittore ce li descrive, sembrano alimentarsi e moltiplicarsi a vicenda, così come – sul nostro palcoscenico – i flussi di coscienza manipolati da Ugogiulio Lurini (attore con vocazione soprattutto monologante, giullare medievale e improvvisatore in rima) sono alimentati da e alimentano quelli di rumore prodotti dalla chitarra di Marco Bianciardi (autore e fondatore del progetto berlinese The Somnambulist, già visto in passato tra le fila di gruppi musicali italiani quali Elton Junk e Caboto).
Ognuno dei personaggi sceglie di raccontarsi a un interlocutore – anzi, generalmente un’interlocutrice, un’intervistatrice appunto – per un bisogno e un compiacimento nel rappresentarsi, senza per questo riuscire a cancellare l’impressione di profonda, disperata solitudine che ciascuna delle loro storie lascia trasparire.
Delle numerose finte interviste che compongono il libro ne abbiamo scelte sei: sei diverse sfumature di “maschile schifosaggine”: quello che si vanta d’aver sedotto una ragazza dal cuore infranto ai cancelli dell’aeroporto; quello che si lamenta d’una incontrollabile stranezza nell’atto dell’orgasmo, che gli rovina tutti i rapporti con le donne; quello che si compiace d’aver sposato una che, avendo già fatto un figlio e non avendo il corpo sfatto, gli garantisce buona “tenuta” per il futuro; quello che ha fatto del braccio monco uno strumento di attrazione per le donne; quello che la lascia perché lei è terrorizzata dall’idea di essere lasciata; e infine quello che ci racconta la sua tecnica per attirare in camera da letto le predestinate al suo gioco di schiavismo.
Il problema maggiore non è stato scegliere ma scartare.
Ce ne sarebbero almeno altrettante che vorremmo mettere in scena.
Ma già così sono usciti circa 100’ di spettacolo, che ha debuttato nel Giugno 2010 al
Festival Voci di Fonte di Siena ed è stato replicato presso l’agenzia Einaudi e la Sala Lia Lapini di Siena, al Palazzo Santa Margherita di Modena, a La Riunione di Condominio a Roma e al Teatro Nomade di Trieste, combinando diversamente ogni volta 3 dei 6 quadri.

La foto di questa pagina è di Daniela Neri